Musica e arte. Due espressioni del sentimento umano apparentemente accostabili ma con un rapporto relazionale alquanto difficile.
Questo rapporto, come sostenuto da Enrico Fubini (docente di Estetica della musica dell’Università di Torino), anche se non conflittuale, ha evidenziato sempre dei problemi, sebbene solo da un punto di vista prettamente estetico filosofico e di storia dell'estetica.
L'arte dei suoni e dei silenzi ha un'identità particolare rispetto alle altre arti; identità conferitole sia dalla complessità dei mezzi tecnici che vengono messi in campo nella produzione, sia del linguaggio che viene utilizzato. Questa identità eterea è giustificata dal fatto che, indipendentemente da tutto quanto di soggettivo si possa tentare di esprimere, l'oggetto della musica è sempre inafferrabile. Non ha forma. La tecnologia è riuscita a fornire una sintetica forma d'onda ai suoni, ma il potere espressivo (riprendendo ancora il pensiero di Fubini) della musica è evidente “senza tuttavia saper mai precisare che cosa la musica esprima e in che modo”.
Cosa succede quando vengono avvicinate e si cerca di sovrapporre la musica (elettronica, digitale, la cosiddetta musica concreta, la musica astratta e la musica classica) e la produzione artistica in ambito di installazioni e creazioni performative?
Un elemento prende il sopravvento sull’altro? Il fruitore dell’opera, riesce a cogliere nella sua interezza il lavoro o l’attenzione sarà distolta da uno dei due elementi?
Quali le difficoltà o le agevolazioni per l’artista che decide di lavorare con i due linguaggi?
I tre casi che verranno analizzati e dai quali si svilupperà la chiacchierata che si svolgerà in Ferramenta, hanno a che fare con tre musicisti/artisti di Torino.
Tre punti di partenza diversi ma che convergono nel tentativo di fusione tra suono e arte contemporanea.
Roberto Giuliano è un musicista produttore di musica elettronica. A un certo punto della sua vita professionale, si è imbattuto nel Reactable, lo strumento più tecnologico del momento suonato da un numero esiguo di musicisti ed esposto nei musei della scienza e della tecnica di tutto il mondo.
Ramon Moro, trombettista e musicista raffinato, decide dopo aver visto l'opera Bwindi Light Masks di Richi Ferrero, di chiedere all'artista di poter intervenire nel processo creativo e realizzare una serie di performance live.
Alessandro Sciaraffa, artista contemporaneo, da anni impegnato in lavori sonori ha fatto del suono e delle sue applicazioni la matrice di parte della sua poetica.
Tre esperienze diverse che verranno raccontate e che interagiranno durante una chiacchierata “assemblata” da Generoso Gene Urciuoli.